Lo scorso 26 agosto Johnatan Avery, direttore di pischiatria delle dipendenze presso il NewYork Presbiterian – Weill Cornell Medical Center è stato ospite della Comunità di San Patrignano in un convegno intitolato di “Percorsi di cura nelle dipendenze da sostanze in USA e in Italia”:
Insieme a lui altri esperti statunitensi sono venuti a confrontarsi su come viene affrontato nel nostro Paese un problema particolarmente drammatico negli USA dove, solo nel 2021, si sono contate 107mila vittime di overdose (dieci al giorno solo a New York) e dove è particolarmente diffuso l’uso di potenti analgesici come il Fentanyl che dà una forte dipendenza con il rischio correlato di maggiori possibilità di overdose.
Il problema è amplificato dalla particolarità del sistema sanitario-assistenziale americano, dove la tossicodipendenza è trattata principalmente con la strategia della riduzione del danno, utilizzando i farmaci sostitutivi come metadone e subuxone in brevi periodi di trattamento.
In Italia la situazione è molto diversa: tanto per cominciare, come ha sottolineato Sabrina Molinaro, responsabile sezione Epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari IFC-CNR, non abbiamo lo stesso problema di overdose, ferme alle 293 del 2021. Preoccupano invece i quantitativi di cocaina sequestrati, in forte aumento rispetto al passato, mentre la cannabis resta la sostanza più utilizzata dai giovani, con il 22% che ha un consumo a rischio.
La differenza più evidente, però, è quella del modello italiano di trattamento, fatto di coordinamento fra 202 servizi a bassa soglia, 1001 servizi ambulatoriali e 928 servizi residenziali, semiresidenziali, ospedalieri e specialistici comunità di recupero, un modello che integra l’aspetto sanitario con quello psicologico e sociale, con una prospettiva rivolta alla valorizzazione delle personalità di chi si trova a dover affrontare un problema di dipendenza, offrendogli la possibilità di recuperare abilità cognitive, emotive e relazionali che le sostanze avevano messo in secondo piano.
Eppure, nonostante questo modello di trattamento all’avanguardia, la realtà delle comunità di recupero e delle loro modalità operative in Italia è molto spesso trascurata dai media. Lo ha sottolineato la giornalista italiana di Avvenire, Viviana Daloiso“Sui giornali italiani la droga spesso è raccontata e di contro percepita come elemento distintivo a contorno di condotte sfrenate.
Nessun giornale italiano si è occupato di comunità e percorsi di recupero negli ultimi 6 mesi, tema invisibile ai media. Le famiglie si ritrovano in questo mondo in cui finite le ‘feste’, quando vieni preso in carico, diventi un problema, e quindi c’è lo stigma”.
Da qui l’invito che abbiamo riassunto nel titolo del nostro post, e che rivolgiamo agli amici dei media e anche agli influencer dei social media: parliamo delle dipendenze e di come si possono contrastare, rendiamo consapevoli i ragazzi e le loro famiglie che esistono percorsi in grado di aiutarli ad affrontare i problemi.
Noi di Cascina Verde siamo a vostra disposizione per fornirvi tutte le informazioni di cui potreste avere bisogno: contattateci.